Passo dopo passo, siamo arrivati, nell’area €, al 2,5% (e la corsa non è ancora finita, così pare). In Usa siamo al 4.50-4,75%. In Gran Bretagna al 4%, in Canada al 4,50%.
Eppure in 2 sole sedute l’indice Nasdaq è salito di oltre il 5% (solo ieri + 3,56%, miglior seduta da novembre), e il nostro MIB ha chiuso a + 1,49%. Nel recente passato, giornate come quella di ieri, contrassegnate dalla conferma di politiche restrittive non ancora al termine, avrebbero avuto, per i mercati, esiti ben diversi.
Non così ieri. Cos’è cambiato dunque? Di certo non l’atteggiamento da “falco” che da un paio di mesi contraddistingue la Presidente BCE Christine Lagarde, e quindi la stessa Banca Centrale. Anzi, quello sembra ormai diventato il nuovo “mantra”, con i sostenitori delle linee più espansive messi, per il momento, “in un angolo”. Ciò che ha fatto cambiare l’umore degli investitori è la modalità di comunicazione, a dimostrazione, ancora una volta, di come l’uso della parola sia determinante.
Per la prima volta, infatti, la BCE non si è limitata a ripetere, come un disco rotto, che i rialzi continueranno sino a quando l’inflazione non avrà raggiunto il livello target (2%), ma ha detto che per il futuro “le decisioni saranno guidate dai dati e saranno definite di volta in volta”. Lasciando intendere, quindi, che si dovrebbe essere vicini al famoso “picco” e quindi vicini “alla meta”.
E’ evidente che il clima (quello relativo alle politiche monetarie, quello del pianeta lo è da tempo…) stia cambiando: la Bank of England, che ieri ha portato il tasso al 4%, ha lasciato intendere che per il momento potrebbe bastare, e la settimana scorsa era stata la volta della Bank of Canada. La stessa FED, che 2 giorni fa si è limitata ad un ritocco dello 0,25%, si è detta più ottimista sulla tenuta del sistema economica e sulla lotta al contenimento dei prezzi, vero elemento che può far “svoltare” le decisioni future.
Per il momento, al di là del calo dei prezzi energetici (ieri è arrivata la conferma che le bollette, almeno per alcune categorie di cittadini, scenderanno da noi del 34%), la discesa dei prezzi, e quindi dell’inflazione “core”, non è stata particolarmente evidente. Da qui anche una certa prudenza nelle parole della Lagarde. Ma con il perdurare del calo dell’energia (il gas europeo ieri allo snodo di Amsterdam ha fatto segnare € 56,75 per megawattora) anche l’indice al netto delle variabili più volatili (energia e alimentari, appunto) dovrebbe risentirne, visto l’impatto che i prezzi energetici hanno sul quotidiano non solo delle famiglie, ma anche delle attività commerciali.
Una situazione che potrebbe rivelarsi oltremodo favorevole per quei Paesi, come il nostro, “appesantiti” da un debito pubblico esagerato. Primo perché l’allontanarsi dello spettro della recessione elimina il vero “spauracchio” per il 2023. Secondo perché ormai si è vicini al livello massimo previsto dagli osservatori, dato, in Europa, al 3-3,25%. In terzo luogo perché, comunque, pur se la BCE ha portato i tassi dal – 0,5% al + 2,50% e, ancor di più, ha deciso di interrompere gli acquisti di titoli governativi, i mercati non mostrano timori sulla tenuta del debito pubblico, come dimostra il poderoso recupero di ieri dello spread, passato nel giro di pochi minuti, da 200 a 178bp, equivalenti ad un rialzo delle quotazioni del nostro BTP decennale di oltre il 3,6%.
Per tornare al rialzo dei tassi, oggi i mercati “scommettono” che potremmo arrivare, tra 3 mesi, a circa il 3,20%/3.25%, dando per certo un nuovo aumento dello 0,50% a marzo, ed uno probabile successivo dello 0,25%, per poi salire ulteriormente entro 6 mesi, per poi iniziare a scendere, per tornare, tra 12 mesi, al 3,20/3,25%.
Nell’ultima giornata di contrattazione della settimana, i mercati asiatici non sembrano preda degli “entusiasmi” americani.
A parte Tokyo, dove l’indice Nikkei fa segnare un + 0,39%, sia la Cina che Hong Kong evidenziano cali rispettivamente dello 0,70% e dell’1,50%.
I futures questa mattina ci danno indicazione della prevalenza delle vendite, con cali diffusi: dopo gli ultimi giorni, sarebbero più che comprensibili le prese di beneficio.
Segnali di debolezza del petrolio, con il WTI a $ 75,54, – 0,54%.
Gas naturale Usa a $ 2,412, – 2%.
Oro in calo a $ 1.926, – 0,31%.
Spread in leggera risalita, a 182bp.
Rendimento del BTP che riparte da 3,70%, dopo quella che probabilmente è stata la miglior seduta da 12 anni a questa parte.
A proposito di BTP, pare che il Ministero dell’Economia e delle Finanze abbia allo studio un nuovo “format”, con l’obiettivo di “giapponesizzare” il nostro debito pubblico (vale a dire far si che sia sempre più nelle mani dei cittadini italiani). Si dovrebbe trattare di un BTP decennale che prevede uno sconto sulle tasse dovute.
Treasury a 3,37%, dal 3,41%.
€/$ che, dopo aver superato l’1,10, torna a 1,0897.
“Respira” il bitcoin, a $ 23.469.
Ps: tra circa 1 mese e mezzo si svolgerà la Milano-Sanremo, forse la gara ciclistica italiana (insieme al Giro di Lombardia) più nota. Dopo 113 edizioni, la partenza non sarà da Milano, ma da Abbiategrasso. Il motivo? La diatriba tra il Comune di Milano ed i Vigili urbani per il pagamento degli straordinari…Quindi, quest’anno, ci sarà la 1° edizione della Abbiategrasso-Sanremo. Mah…